Fonte: Key4Biz.it
Abbiamo intervistato il prof. Alberto Contri, docente di Comunicazione Sociale all’Università Iulm, in merito la pubblicazione del suo nuovo libro "La Sindrome del Criceto".
Ha smesso di fare il presidente della Fondazione Pubblicità Progresso dopo vent’anni di ininterrotti mandati. In totale, fino ad oggi, ha passato cinquant’anni tra multinazionali della comunicazione pubblicitaria e media tradizionali e nuovi. Ma pare non abbia alcuna intenzione di fermarsi. Il prof Alberto Contri da oltre dodici anni insegna anche Comunicazione Sociale all’Università Iulm, e dopo il buon successo del suo saggio sul problema della “costante attenzione parziale” (McLuhan non abita più qui?, Bollati Boringhieri Editore), se ne esce ora con un pamphlet molto intrigante sul futuro dell’uomo tra Intelligenza artificiale e la diffusione di teorie del gender Gap: La sindrome del Criceto.
Key4biz. Che significa questo titolo?
Alberto Contri. La natura ha dotato il criceto di una grande capacità di correre veloce per poter sfuggire ai predatori. Diventato un animale da compagnia, non ha più bisogno di scappare, ma ha sempre bisogno di correre, per produrre le endorfine che lo tengono in forma e di buonumore. Se smette di correre nella sua ruota, cade in depressione e muore. Quindi corre solo per sé, la sua ruota non serve nemmeno per alimentare una lampadina. Una spontanea associazione di idee mi ha portato a domandarmi quanti criceti umani – in posti di grande responsabilità – hanno corso e corrono soprattutto per sé stessi. Osservando lo stato in cui si è ridotto il nostro paese, la risposta è una sola: tanti, troppi. Oggi, poi, giustificati dal mantra “Uno vale uno”, molto più che in passato ritroviamo ai vertici dello Stato modeste figure senza un qualsiasi curriculum degno di questo nome. Non si intravvede alcuna visione politica di ampio respiro, né alcun progetto-Paese. Praticamente tutti gli editorialisti rilevano che il Governo sta in piedi per la paura che i parlamentari hanno di ritrovarsi senza stipendio. Obiettivo primario, quindi, solo la propria egocentrica corsa.
Key4biz. Lei segnala in particolare quelle che fanno gravi danni al corpo sociale: la mitizzazione dell’Intelligenza Artificiale e la diffusione delle teorie Gender. Argomenti che faranno parecchio discutere.
Alberto Contri. Bene, discutiamo, ma senza pregiudizi ideologici, perché stiamo vivendo tempi molto pericolosi, in cui persino grandi università e imprese multinazionali stanno perdendo il senno, sposando ciò che viene ritenuto politically correct ben oltre il senso del ridicolo. Ma vi pare normale che la Procter & Gamble abbia deciso di cancellare il simbolo di venere dalle confezioni degli assorbenti igienici, “per includere i clienti che mestruano ma non si identificano come donne”? O che la British Medical Association abbia invitato i suoi 160.000 aderenti a non chiamare mai più futura mamma una donna incinta, “per rispetto degli uomini intersex o trans che potrebbero essere gravidi”? O che l’Università di Bordeaux-Montaigne abbia annullato un dibattito con la filosofa Sylviane Agacinsky in seguito alle proteste degli studenti che la ritenevano omofoba per la sua posizione contro l’utero in affitto? Nel pamphlet sono riportati decine di casi come questo, che rasentano il drammatico, l’imbecillità e addirittura il ridicolo: eppure stanno a dimostrare dove ci sta portando la mania del politically correct, confondendo la più che giusta battaglia contro ogni discriminazione, con la promozione di un modo di pensare che semplicemente ritiene superata e opinabile qualsiasi legge di natura. Nel saggio cito pareri importanti, di norma censurati dai media sempre più conquistati da questa nuova forma di dabbenaggine. Ad esempio, Papa Francesco, ripreso e lodato quando sostiene con forza “la dignità e i diritto a non essere discriminati di quanti non si sentono rappresentati dal loro sesso ideologico”, ma del tutto ignorato quando mette in guardia contro i pericoli derivanti dall’ideologia gender, da lui definita “la modalità più specifica attraverso cui oggi il male si fa presente e agisce”. O il laico e progressista Economist, che in un editoriale intitolato “La dittatura della tolleranza” ha affermato: “Le quote costringono le aziende e le università a valorizzare di più le identità che la competenza. Una orwelliana “polizia del pensiero” censura le opinioni politiche e sociali, la lingua, e persino i costumi di Halloween. Qualsiasi opinione contraria all’ortodossia libertaria si scontra con una forma di tolleranza zero che etichetta chi la esprime come razzista, omofobo o transfobico. I gruppi di minoranza stanno imponendo i loro valori e i loro stili di vita a tutti gli altri”. Parlando di danni all’educazione di intere nuove generazioni, che dire dei corsi di Gender tenuti ai figli dei dipendenti dalle più famose multinazionali, rivendicati addirittura come esempio di Corporate Social Responsibility?
Key4biz. Immaginiamo già le reazioni per questo modo di pensare controcorrente. E lei, per non farsi mancare niente, va ad attaccare un’altra forma di mitizzazione che vede nell’Intelligenza Artificiale il futuro dell’uomo.
Alberto Contri. Qui occorre intendersi: sarebbe assurdo ignorare gli enormi progressi che l’Intelligenza Artificiale sta facendo fare, ad esempio, alla medicina, alla chirurgia, e a tanti altri settori dell’agire umano: in questo caso stiamo parlando sempre di supporto all’intelligenza umana e alle intuizioni dell’uomo. In diversi incontri dell’Istituto Aspen mi sono spesso scontrato con un giovane filosofo che sostiene in un suo libretto la necessità di riconoscere dei diritti ai robot, che sarebbero oramai in grado di avere una propria coscienza. A lui e a quanti si lasciano affascinare da simili affabulazioni buone solo per una sceneggiatura di Black Mirror, non posso che contrapporre il veemente giudizio di Federico Faggin, inventore del microchip, che potremmo definire a buon titolo padre dell’informatica moderna: “Ma siamo matti? La nostra massima aspirazione sarebbe dunque quella di diventare dei robot? Ho impiegato trent’anni di studi e ricerche per capire che non potrà mai esistere un computer con una coscienza”. Per non parlare di Marc Mezière, direttore dell’Ècole Normale Superieure di Parigi: “L’intelligenza artificiale non è intelligente”. O di Luciano Floridi, docente di Etica e Filosofia dell’Informazione dell’Università di Oxford, che chiarisce in modo lampante i veri termini della questione: “Ai robot i processi, all’uomo le decisioni”. Anche su questo tema purtroppo siamo circondati da criceti – in particolare giornalisti – sempre ansiosi di parlare di ciò che è nuovo, convinti inoltre che tutto ciò che è possibile sia giusto. Mentre non è affatto così. Ma si viene giudicati conservatori e retrogradi se lo si sostiene. In questo senso ho trovato prezioso il pensiero di Carly Kind, direttrice dell’inglese Ada Lovelace Institute: “Vediamo di non usare la società come banco di prova per tecnologie che non sappiamo ancora come cambieranno la società. Proviamo a riflettere su alcuni di questi argomenti, muoviamoci più lentamente e sistemiamo le cose, invece di muoverci velocemente e romperle”.
Key4biz. Alla fine del saggio, lei sostiene che l’uomo di oggi si trova stretto nella morsa di una tenaglia: da un lato mitizzazione dell’Intelligenza Artificiale, singolarità e transumanesimo auspicano un mondo popolato da ominidi sempre più controllabili e manipolabili; dall’altro, le teorie gender mirano alla creazione di esseri neutri, senza memoria, in balia dei feeling del momento. Come difendersi da questo amaro destino?
Alberto Contri. Vorrei far notare che Orwell, Huxley e Benson, ad inizio secolo avevano saputo prevedere cosa ci sta capitando ora, e hanno tentato di metterci inutilmente in guardia. Oramai la situazione è talmente precipitata che resta una sola cosa da fare: resistere, ribellarsi, impegnarsi nel tentativo di ricostruire una classe dirigente, ritessere i fili di un tessuto sociale dilacerato. Per questo, insieme al filosofo Salvatore Veca e a diversi altri amici e colleghi, abbiamo deciso di lanciare un movimento d’opinione di carattere pre-politico: i GRU – Gruppi di resistenza umana. Perché ci siamo accorti che ovunque esistono sacche di resistenza a questo davvero triste destino, costituite da genitori, famiglie, giovani, insegnanti, artigiani, industriali, docenti, tecnici, ricercatori e professionisti di ogni genere, che nel degrado generale cercano di difendere ogni giorno – in spe contra spem– i valori che li hanno fatti crescere: l’educazione, la formazione, il culto della bellezza e del sapere, la promozione dell’uomo nella sua integralità, il rispetto della dignità umana in ogni comportamento, il rifiuto del relativismo in tutte le sue forme, il reale rispetto di ogni visione del mondo e delle relazioni senza che nessuna debba prevalere su un’altra. Su tutte, la convinzione che l’uomo non è e non sarà mai una macchina, pena la sua fine.
Così ci siamo detti: cominciamo a conoscerci, contarci, riflettere insieme. Da un simile giacimento di intelligenze potrebbe nascere qualcosa di realmente utile a sollevare il Paese. Primo obiettivo dei GRU è arricchirsi a vicenda, impegnandosi a diffondere e promuovere ogni giorno, a seconda del proprio stato e nel proprio ambiente, la crescita di questo nuovo Rinascimento, soprattutto in un mondo sempre più technology driven. Per dare alla parola futuro un significato non retorico. Quello lo lasciamo ai criceti.