Fonte: La Verità
Mica facile per un cattolico destreggiarsi nel mondo della pubblicità e dell’advertising. Alberto Contri, 76 anni, nativo di Ivrea, cultore di jazz e contrabbassista a tempo perso, l’ha fatto per mezzo secolo in ruoli apicali di multinazionali e associazioni di settore, unico italiano mai entrato nell’Eaaa (European Association of Advertising Agencies). Già consigliere Rai, poi amministratore delegato di Rainet e tuttora docente dello Iulm di Milano, ha presieduto la fondazione Pubblicità Progresso, dimettendosi superata la boa del ventesimo anno. «Considerato che esercitavo quel ruolo a titolo gratuito, la fondazione è stata la mia forma di charity personale. Ma», racconta, «vent’anni di presidenza sono tanti e, quando negli ultimi tempi, un certo clima politicamente corretto ha iniziato a rendere l’aria irrespirabile, ho preferito lasciare». Dopo McLuhan non abita più qui? (Bollati Boringhieri), l’ultima sua pubblicazione dall’editore La Vela è La sindrome del criceto (postfazione di Salvatore Veca), vivace pamphlet contro il pensiero unico, la mitizzazione dell’intelligenza artificiale e l’invadenza della filosofia gender.
Com’è nato?
«Da tempo seguivo i progressi degli studi sull’intelligenza artificiale che tutto il mondo della pubblicità tiene in grande considerazione».
Che cosa non le tornava?
«Il fatto che non è il nuovo paradiso terrestre come molti fantasticano. È utilissima in tantissimi campi, dalla medicina alla ricerca spaziale, ma se non si sanno interpretare le informazioni che dà non serve a nulla».
Cosa c’è da temere?
«La sua mitizzazione. Anche la mia amica Barbara Carfagna, nel programma di Rai 1 Codice La vita è digitale, promuove le teorie sulla singolarità e il transumanesimo. Secondo lo scienziato americano Ray Kurzweil, poco alla volta la struttura biologica umana verrà integrata dalla nanotecnologia e dalla robotica e con l’aiuto di chip e microchip diventeremo onnipotenti ed eterni».
Invece?
«Invece, come dice Federico Faggin, lo studioso italiano inventore del microchip a base di silicio, non potrà mai esistere un computer con una coscienza: “Una macchina non può compiere scelte veramente creative, ossia scelte che non sono contenute nelle variabili che ha già immagazzinato”».
Elon Musk non la pensa così.
«Infatti la sua auto senza pilota va a sbattere. Perché la complessità della realtà non rientra negli algoritmi. Il computer non può intuire, improvvisare… Detto ciò, Musk è un genio, si è inventato questi vettori spaziali che ora tornano alla base, mentre prima cadevano in mare. Bisogna stare in guardia dalla sua idea che tutto ciò che è sperimentabile sia lecito e giusto».
Dell’intelligenza artificiale fanno grande uso quelli che lei chiama i nuovi padroni del mondo.
«I Gafa: Google, Apple, Facebook, Amazon. Hanno avuto intuizioni straordinarie, ma con quali effetti collaterali? Amazon sta distruggendo il commercio tradizionale, intere filiere produttive. Inoltre, tralasciando il fatto che non pagano le tasse come e dove dovrebbero, come singole persone stiamo regalando loro la nostra privacy. Di cui, Cambridge Analytica insegna, fanno ciò che vogliono».
Gli algoritmi producono conformismo?
«Tendono a tarpare la creatività, l’eccentricità. Uniformano opinioni e consumi, trasformandoci in piccoli automi. Le formule sono tante: se hai comprato questo puoi comprare anche quello; hai visto che cos’hanno comprato quella star e quel vip?».
Torna attuale il vecchio adagio del marketing: se ti danno qualcosa gratis vuol dire che il prodotto sei tu?
«La fregatura è che ci hanno abituati così. Tutte le ricerche di mercato dimostrano che pur di avere i social gratuitamente siamo disposti a tollerare pesanti intrusioni».
Sospetta che lo sviluppo che stiamo perseguendo anziché riguardare l’umanità nel suo complesso giovi «solo ai ricchi, i benestanti, i miliardari divenuti irraggiungibili monopolisti»?
«Da vent’anni celebriamo le magnifiche sorti e progressive di questo sistema, poi arriva un’epidemia e siamo tutti spiazzati. Ci affidiamo acriticamente all’autorità benefica dell’Onu e degli altri organismi mondiali, ma se andiamo oltre la narrazione di facciata ci accorgiamo che la fame e le malattie sono ancora tristemente diffuse».
Un altro allarme riguarda l’invadenza delle teorie gender.
«Oggi dire che gli uomini nascono dall’unione tra un uomo e una donna equivale a discriminare trans e omosessuali. Minoranze intolleranti e rumorose, come ben sa Joanne Rowling, violentemente attaccata per aver detto che il sesso conta più del genere».
In Italia sta per essere approvata la legge sull’omofobia.
«Così mentre di chiunque si potrà dire che si è comportato da stronzo, dei gay non lo si potrà dire. È vero che, nella storia, gli omosessuali sono stati discriminati e torturati. Ma provi a dire che oggi sono sovrarappresentati come ha fatto Platinette… Su Rai 1 il sabato sera va in onda un programma in cui due giurati su cinque, ovvero il 40%, sono omosessuali. Tutto ok?».
Perché i grandi marchi sponsorizzano manifestazioni come il Gay pride?
«Perché Accenture (la più grande società di consulenza aziendale al mondo ndr) ha diffuso uno studio secondo il quale chi promuove cause inclusive vende di più. Il che è tutto da verificare. Soprattutto è da verificare se questa politica convenga ai grandi marchi. Il calo demografico derivante dalla marginalizzazione della famiglia tradizionale farà diminuire anche i consumatori».
Perché la parola chiave è inclusività?
«Perché, paradossalmente per i militanti della diversità, uniforma le differenze. Per il pensiero unico difendere la famiglia naturale è sinonimo di arretratezza e omofobia. Ma, una volta inclusi, gli omosessuali diventano a loro volta intolleranti».
Il primato della natura enfatizzato dagli ecologisti funziona per i cuccioli di animali, non per gli umani?
«Secondo i veterinari non si possono togliere cani e gatti alla madre prima del compimento dei tre mesi, ma le madri biologiche non devono vedere i neonati dall’utero in affitto per evitare che si affezionino».
La legittimazione della pedofilia è così incombente?
«L’Associazione degli psichiatri americani sostiene che non è una depravazione, ma un’inclinazione naturale che va gestita. In Italia è stato prodotto con denaro pubblico un film sulla vita di Mario Mieli, attivista omosessuale morto suicida che teorizzava: “Solo noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel bambino… l’essere umano potenzialmente libero. Noi, sì, possiamo amare i bambini”».
Che cos’è la sindrome del criceto?
«Il criceto è dotato di grande velocità per sfuggire ai predatori, ma perché corre come un matto dentro la ruota senza che qualcuno lo insegua? Perché se sta fermo non sviluppa le endorfine e cade in depressione. Lo fa a prescindere dal fatto che quella corsa lo porti da qualche parte».
Perché è un comportamento emblematico?
«Pensiamo alla nostra classe dirigente, politica e imprenditoriale. Gente che occupa posti solo per paura di perdere potere e profitti, fregandosene delle conseguenze per la comunità».
Il prolungamento dello stato di emergenza deciso da Giuseppe Conte è un esempio di sindrome del criceto?
«Si enfatizza una situazione in modo strumentale camuffandola di buone intenzioni per puntellare la propria sopravvivenza».
Giustificando l’accentramento dei poteri.
«Sarebbe interessante se l’Osservatorio di Pavia misurasse per quanto tempo il premier ha occupato la tv con conferenze stampa, dirette Facebook e comunicazioni straordinarie. Tempo che avrebbe potuto dedicare al Paese, invece di continuare a correre nella ruota dei media».
I media sono la ruota?
«Sono organici a una politica di annunci e promesse. I talk show, le maratone elettorali sono un meccanismo sganciato dalla realtà e finalizzato a raccogliere incassi pubblicitari, le endorfine del sistema. Si prendono due esponenti di schieramenti opposti, gli si chiede quanto durerà questo governo e il gioco è fatto. Nessuno crede che un talk show produca una sintesi di qualche utilità per i cittadini».
In chiusura del libro parla di «nuovo umanesimo» come fece Conte insediandosi con il governo giallorosso.
«Sono diversi i referenti mentali. Io propongo un nuovo rinascimento basato sullo studio, il lavoro, il sacrificio. Conte è un avvocato e avrà studiato. Ma io che studio comunicazione da 50 anni mi sento umiliato quando vedo Rocco Casalino, un esperto che si è formato al Grande fratello la cui unica furbizia è saturare i media con il suo leader».
Diventerà un boomerang?
«L’overdose provoca saturazione e nausea. Anche perché Conte ha una comunicazione superficiale, basata su buzzwords: parole d’ordine come sostenibilità, economia green, inclusività, che ormai compongono il sottofondo di uno sciame di api».
Pier Paolo Pasolini profetizzava un’epoca in cui «il nuovo potere utilizzerà le vostre parole libertarie per creare una nuova inquisizione, un nuovo conformismo. E i suoi chierici saranno chierici di sinistra».
«Non è quello che stiamo vedendo? Oggi, pur di frenare Matteo Salvini, il Pd si allea con il partito dell’uno vale uno e rinnega la tradizione di Enrico Berlinguer e delle Frattocchie».
In che cosa consistono i Gru, i Gruppi di resistenza umana?
«Il degrado parte dalla diffusione del cellulare già nella scuola elementare e si estende fino a certe carriere costruite molto in fretta. Girando l’Italia ho riscontrato un desiderio diffuso di ripartire dallo studio, dalla ricerca del bello, dal senso di responsabilità quotidiano. Non è l’ennesimo movimento politico “dei carini”, ma un’idea ingenua e ambiziosa allo stesso tempo, che parta dal basso, dai professionisti coscienziosi alle persone comuni».
Adesioni?
«Ne sto già avendo molte e qualificate. Stiamo preparando lo statuto: sentirete presto parlare di noi».
(
Maurizio Caverzan)