Articolo a cura di Fabiana Giacomotti
Una società della comunicazione iperframmentata ha stravolto il mondo della pubblicità. Ma l'industria del fashion fa eccezione.
Alberto Contri, presidente di Pubblicità Progresso al secondo mandato e sempre per acclamazione, nella sua vita di professionista della comunicazione è stato, ed è tuttora, molte cose: numero uno di un’agenzia del gruppo McCann, se ben ricordo si chiamava Medicus Intercon ma venne assorbita decenni fa dalla capogruppo dunque se ne sono perse le tracce; amministratore delegato di Interpublic; presidente dell’Associazione delle agenzie di pubblicità per un tempo paragonabile a quello di Mario Boselli alla Camera della Moda, cioè infinito; consigliere della Rai (lo volle Silvio Berlusconi, convinto con questa mossa di ingraziarsene la sorella, Fernanda, grande costituzionalista e ministro per gli Affari sociali nel governo Ciampi, e fece un gran buco nell’acqua perché i due fratelli sono orgogliosi e snob come Lucifero); direttore generale di Lombardia Film Commission, docente allo Iulm eccetera eccetera.
CONTRABASSISTA JAZZ. Sposato con Caterina Longanesi, nonno, proprietario di una bella casa a Stromboli dove organizza concerti estivi con musicisti di fama internazionale, ospiti fissi il presidente emerito Giorgio Napolitano e il panettiere Cusolito, Contri è un contrabbassista jazz più che discreto; l’unica fra le sue gesta di cui si vanti è di aver suonato, molti decenni fa e proprio in Rai, con Louis Armstrong. A inizio 2017, Alberto Contri ha pubblicato per Bollati Boringhieri un saggio un po’ stupito, un po’ desolato, molto incuriosito, dove constata l’obsolescenza irrecuperabile del più famoso (l’unico, in realtà) aforisma del sociologo canadese Marshall McLuhan.
IL MEZZO È SEMPLICEMENTE IL MEZZO. Nella società della comunicazione trasversale, virale, iperframmentata di oggi, il “mezzo” non è più “il messaggio”. In 50 anni, il mondo si è capovolto e il mezzo è semplicemente il mezzo e il mezzo e il mezzo come la rosa di Gertrude Stein. Il mezzo è un semplice device, un oggetto che ci serve per veicolare costantemente, sotto infinite forme, i nostri pensieri e noi stessi. Tutti noi siamo il nostro messaggio costante. «La gente è il messaggio», osserva Contri, che ha intitolato il volume McLuhan non abita più qui? quando avrebbe potuto tranquillamente osare un nietzschiano “McLuhan è morto” e chiudere definitivamente un’epoca.Non lo fa, e invece si interroga sul valore e le possibili derive della comunicazione «da tutti a tutti» dove, dice «regna una dinamica da reazione nucleare, e che sprigiona un’enorme energia»: secondo gli ultimi calcoli, nel mondo esiste più di 1 miliardo di siti internet, e il rischio insito nell’impossibile controllo dei new media si fa ogni giorno più evidente e più pericoloso, come sanno perfino i ragazzini vittime dei bulli.
BOMBARDATI E DISATTENTI. Per chi, come Contri, come i pubblicitari e come tutti noi, deve dunque e ogni giorno comunicare, farlo in modo efficace è diventato sempre più difficile, ma non solo per il numero virtualmente infinito di luoghi e mezzi dove farlo. L’eccessiva esposizione a parole, immagini, segni e suoni si accompagna infatti a una costante attenzione parziale, effetto patologico del sovraccarico di compiti a cui sottoponiamo il nostro cervello, non strutturato per il multitasking.
LA MODA OFFRE UN SOGNO. Per questo, quando Contri mi ha chiesto un breve testo sulla comunicazione attuale della moda da inserire nel libro e sul perché il club degli stilisti e affini non abbia mai trovato alcun punto di contatto con la pubblicità classica, mi sono resa conto che la moda riesce a sfuggire a molte di queste problematiche perché non vende un prodotto, ma offre a ciascuno di noi il sogno migliorativo di se stesso, ottenendo dunque e quasi sempre il massimo dell’attenzione.
VENDE IMMAGINI DI IDENTIFICAZIONE. Il mezzo (non) è (più) il messaggio, ma la moda non ha mai venduto moda, a dispetto di una storica fiera milanese che così venne chiamata da quel genio delle pubbliche relazioni di Beppe Modenese. La moda non vende vestiti, né borsette, né scarpe. Se lo facesse, avrebbe certamente bisogno delle agenzie di pubblicità. Invece, vende strumenti utili alla valorizzazione e alla perpetuazione della giovinezza, della bellezza, del sesso. E dunque vende immagini di identificazione. Per questo funziona così bene su Instagram, e per questo i suoi influencer e i suoi blogger sono seguiti da milioni di fan, mentre quelli del food, del design, dell’arte, riescono raramente a superare le decine di migliaia. La moda è il messaggio migliore che ognuno di noi vuol dare di sé.